28 Marzo 2024
28 Agosto 2022

Sul mistero che celebriamo

In molti avrete sentito, nel mese di luglio, ciò che è scaturito dalla messa celebrata “in mare” da un giovane sacerdote ambrosiano: articoli di giornale, polemiche, indagini per offesa a confessione religiosa… Anche il nostro vescovo si è espresso con un comunicato che trovate sul sito della Diocesi, dove afferma: “Mi dispiace dello sconcerto e della sofferenza che hanno ferito la sensibilità di fedeli sapienti e devoti. Io ritengo che il modo di celebrare scelto da don Mattia sia una sciocchezza senza giustificazioni.” Lo stesso sacerdote ha scritto, sul sito della sua parrocchia, una lettera di scuse, raccontando anche ciò che ha portato a celebrare la messa su un materassino.

Ma aldilà di queste considerazioni, ciò che credo sia utile per noi è piuttosto di verificare non solo la cura e dunque la qualità delle nostre celebrazioni (per le quali c’è sempre da ringraziare tutti voi che prestate servizio liturgico a vario titolo, garantendolo anche durante il periodo estivo ‐ e penso in particolare ai funerali celebrati in luglio e agosto, sempre con la vostra preziosa presenza), ma anche la consapevolezza di quello che accade nella celebrazione stessa. E questo lo dico con le parole di Papa Francesco, nella sua ultima lettera apostolica “Desiderio desideravi” sulla formazione liturgica del popolo di Dio:

«La continua riscoperta della bellezza della Liturgia non è la ricerca di un estetismo rituale che si compiace solo nella cura della formalità esteriore di un rito o si appaga di una scrupolosa osservanza rubricale. Questa affermazione non vuole in nessun modo approvare l’atteggiamento opposto che confonde la semplicità con una sciatta banalità, l’essenzialità con una ignorante superficialità, la concretezza dell’agire rituale con un esasperato funzionalismo pratico. Intendiamoci: ogni aspetto del celebrare va curato (spazio, tempo, gesti, parole,
oggetti, vesti, canto, musica, …) e ogni rubrica deve essere osservata: basterebbe questa attenzione per evitare di derubare l’assemblea di ciò che le è dovuto, vale a dire il mistero pasquale celebrato nella modalità rituale che la Chiesa stabilisce.
Ma anche se la qualità e la norma dell’azione celebrativa fossero garantite, ciò non sarebbe sufficiente per rendere piena la nostra partecipazione. Se venisse a mancare lo stupore per il mistero pasquale che si rende presente nella concretezza dei segni sacramentali, potremmo davvero rischiare di essere impermeabili all’oceano di grazia che inonda ogni celebrazione. […] Lo stupore è parte essenziale dell’atto liturgico perché è l’atteggiamento di chi sa di trovarsi di fronte alla peculiarità dei gesti simbolici; è la meraviglia di chi sperimenta la forza del simbolo, che non consiste nel rimandare ad un concetto astratto ma nel contenere ed esprimere nella sua concretezza ciò che significa».