17 Luglio 2025
7 Giugno 2025

Arresi alla guerra?

Ieri ho guardato sul web delle immagini da Gaza. Le ho guardate, ciascuna, a lungo, non cercando di sfuggirle, come verrebbe istintivo fare. A Gaza i giornalisti non possono entrare. Ma le foto degli smartphone, e non solo, escono. Ed è assolutamente necessario guardarle.
Nella prima foto che ho visto una madre palestinese è china su un sudario bianco. Accanto, stretto a lei, un bambino sui sette anni guarda fisso davanti a sé, negli occhi neri un dolore che non dimenticherà. Nella seconda foto la stessa giovane madre bacia il volto bianco di quel figlio perduto. Che dalla bocca delicata, dalle lunghe ciglia nere, sembra però una figlia. Una ragazzina. È l’eterno dolore delle madri, il più insostenibile, giacché quei figli partoriti restano in qualche modo una parte di loro, per sempre. È il dolore assoluto che Cristo affrontò. (…)
La terza foto è un giovane uomo, forse un padre, che in un ingresso di ospedale regge fra le braccia una bambina sui sei anni, ferita. La bocca dell’uomo è spalancata in un urlo che pare di sentire. Grida aiuto, invoca un medico. Ma sembra che attorno non ci sia nessuno. Oppure tutti sono troppo occupati su altri pazienti. Nessuno ferma le emorragie di un figlio, nessuno lo rianima. (…)
L’ultima immagine da Gaza che vedo è un bambino di 5 anni, in un letto d’ospedale, denutrito, gli occhi persi nel vuoto nell’antico, atroce sguardo dei bambini che muoiono di fame. «Gaza è diventata peggio dell’inferno sulla Terra»: lo ha detto la presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa, Mirjana Spoljaric, alla Bbc. Insomma, non che non sappiamo. Non che possiamo dire di non sa-pere.
Ricordiamo anche i volti dei bambini Bibas, di due dei bambini dei kibbutz del 7 ottobre, che non sono più tornati. Di quella spaventevole notte, al mondo è stato mostrato relativamente poco. Per rispetto delle vittime. Perché non erano immagini sostenibili. Bambini colti nel sonno e massacrati davanti alle madri. Bambini rubati e uccisi, chissà come. No, non ci siamo affatto dimenticati del 7 ottobre, di cosa deve essere stato quel rigurgito di orrore sbucato fuori come magma dal sottosuolo. Odio puro, ansia di sterminio. E, tanti bambini, ancora.
Ma, un anno e mezzo dopo, a Gaza di bambini ne sono morti – cifre all’ingrosso, chissà quanti ancora sotto le macerie – decine di migliaia. Hamas, certo, Hamas. Ma hanno pagato ancora una volta gli innocenti. (…) Perché?

 


Marina Corradi, avvenire, 5 giugno